la confraternita della SS. Annunziata (pagina dimostrativa)
Le fonti
A differenza della confraternita consorella di san Rocco, il cui archivio è stato devastato dall’incendio appiccato dalle truppe francesi e spagnole nel 1744 e ulteriormente spogliato da alcuni scriteriati amministratori sul finire dell’Ottocento, come ho spiegato nel volumetto dedicato a questa chiesa (R. Canavese, La confraternita di san Rocco in Chiusa di Pesio, Cuneo, 2009), la confraternita della SS. Annunziata conserva un rilevante patrimonio documentale, sebbene a tratti lacunoso e disorganico.
Vagliati a suo tempo in modo approfondito da GB. Botteri (Memorie storiche e statuti antichi di Chiusa di Pesio, Torino, 1892), questi incartamenti sono stati di recente riordinati dal sottoscritto e riportati per sommi capi in un repertorio, messo a disposizione degli amministratori e degli studiosi di storia locale. L’archivio comprende una serie di quattro libri di delibere che iniziano a fine del Seicento e giungono sino agli anni trenta del Novecento; una serie di fogli sparsi, comprendenti atti di vendita o di acquisto, donazioni, questioni riguardanti testamenti e cause civili, suppliche e richieste, a partire dal 1622; una sequenza di fascicoli inerenti ad atti di lite, copie di cause date alla stampa, un catalogo di uomini iscritti alle Compagnie, un libro intitolato “Funerali fonzionati ad altare dall’anno 1614 al 1718 (sic), che riporta le oblazioni ricevute in occasione di sepolture di confratelli (talvolta il pagamento del funerale avviene con prodotti della terra come “castagne bianche, mondagli e vigliette” e a volte si segnala la contrada di provenienza e il soprannome del defunto); e infine sette Registri di contabilità riguardanti erogazioni ricevute e spese effettuate dal 1680 al primo Novecento.
In mancanza di studi specifici sulla confraternita, rimane tuttora valido, per la sua approfondita vivacità di ricerca nell’archivio e nella memoria collettiva del paese, il citato volume di GB. Botteri risalente alla fine dell’Ottocento, anche se qua e là viziato da qualche piccola forzatura, motivata dal momento storico che si stava vivendo, e cioè dalla fondazione della nuova chiesa parrocchiale a fronte della strenua lotta ingaggiata dalla confraternita della SS. Annunziata per conservare le proprie prerogative di succursale. La diatriba, sfociata anche sui quotidiani dell’epoca, è riportata con dovizia di particolari sul mio libro Chiusa di Pesio dalle origini al duemila, cui rinvio. La forzatura più macroscopica si evidenzia nel tentativo del Botteri di attribuire alla congregazione della SS. Annunziata una patente di vetustà pari a quella della consorella san Rocco, interpretando in maniera del tutto personale un passo della relazione di monsignor Scarampi del 1583, come chiariremo più avanti (Rosso A.-Vizio Pinach G. (a cura di), Gerolamo Scarampi. Visita apostolica nella diocesi di Mondovì 1582-1583, Cuneo, 2004).
Sono
state queste le due fonti principali a cui ho attinto per la narrazione della
cronistoria. Ad esse vanno aggiunte le informazioni ricavate dagli archivi
storici del comune (d’ora in poi ACC) e della parrocchia (APSA, tra cui le
Relazioni redatte dai parroci fra il Settecento e l’Ottocento), nonché da alcuni
quotidiani dell’epoca e dal bollettino interparrocchiale La Bisalta, edito a
partire dal 1920 dalle parrocchie comprese nell’area di Chiusa Pesio, Peveragno
e Beinette. Per la storia generale delle confraternite italiane e la dettagliata
disamina dei rapporti intercorrenti a livello locale con la Confratria del Santo
Spirito, cui spesso viene confusa, faccio riferimento al citato volumetto sulla
confraternita di san Rocco, in particolare ai capitoli introduttivi.
La storia
La vecchia cappella
La chiesa della SS. Annunziata affonda le sue radici nella storia più lontana e precisamente nel primo Quattrocento, come ci informa una sentenza arbitrale del 13 settembre 1428 riguardante alcune selve contese selve tra i padri della Certosa e la comunità, redatta "in capela nova dicti loci extra et prope portam receti", ovvero nella cappella di recente costruzione situata fuori e presso la porta del Recinto.
Da un successivo documento del 1469 apprendiamo che era consacrata alla "Beate Marie”, mentre nella “Declaratio capitulorum” degli Statuti comunali di poco posteriore è denominata “cappella dell'Annunciazione della B. V. Maria” (ACC, Pergamene, ora in P. Camilla, La Chiusa di Pesio, pp. 204, 273-274, 387). Sebbene la devozione mariana rivesta storicamente un ruolo preminente, la sua dedicazione in tutto il Seicento continuerà a rimanere fluida, legata ad espressioni diversificate, come si legge ad esempio nella relazione del prevosto don Campana del 1711 (APSA) che la definisce "Oratorio vulgo della Misericordia sotto il titolo della Madonna Santissima del Suffraggio, in qual oratorio vi sono quattro Altari, cioè il principale sotto il titolo dell'Anunciatione della SS. Vergine".
La relazione di monsignor Scarampi del 1583 ci informa che era ubicata all'interno del giardino del feudatario locale, nei pressi dell’antico palazzo con torrione oggi sede dei musei comunali ("in Viridario Palatii Illustris Dominis Agamennonis, ex Marchionibus Cevae Condomini in presenti loco") e ci tramanda la voce secondo la quale fosse stata benedetta dal pontefice Pio V tra il 1560 e il 1566, allorquando era vescovo di Mondovì, forse in concomitanza con l’amministrazione della cresima nel castello di Mirabello al piccolo Anastasio Germonio, nipote della marchesa feudataria, poi divenuto celebre diplomatico, forbito scrittore in lingua latina ed arcivescovo di Tarantasia in Savoia. In essa ogni tanto, a discrezione del feudatario, si celebrava una messa "ex devotione praedicti Domini", dal che si deduce che la casa feudale dei Ceva ne era stata la committente e continuava a goderne della piena proprietà.
Essendo decentemente ornata sotto la volta, ma ancora col pavimento in terra battuta, lo Scarampi impose di realizzare l’impiantito e di munire la porta di un’inferriata, affinché l’accesso fosse reso praticabile solo nel periodo di ufficiatura. Ciò significa che a quei tempi la cappella era oggetto di culto da parte dei fedeli residenti nella parte bassa del paese, i quali la frequentavano quotidianamente, anche al di fuori delle tradizionali liturgie.
La relazione non registra invece la presenza di una compagnia di disciplinati, vale a dire di una aggregazione religiosa legata ad uno specifico altare, così come invece avviene nello stesso periodo per la confraternita di san Rocco: il termine comparirà nei documenti dell’archivio comunale solo alcuni anni più tardi.